FUGA DA ALCATRAZ
(ovvero: può la Sanità Pubblica funzionare meglio?)
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo
Mi sono operato al ginocchio per i soliti malanni da “ senior “.
Intervento riuscito ed inizio immediato della riabilitazione nella stessa clinica dell’operazione. Una riabilitazione rapida – subito in piedi – massaggi passivi e deambulazione assistita.
Fin qui tutto bene, ma dopo una settimana finisce la pacchia e si deve passare ad un Centro di Riabilitazione Motoria in Servizio Sanitario Nazionale.
Nonostante il Covid con reparti chiusi e strutture al semi collasso, mi trovano un posto in una clinica “specializzata”, villa Flavia al 6° Km. di una via consolare romana.
Hanno riaperto un reparto proprio di sabato e nel primo pomeriggio mi trasferiscono. Mi accoglie un medico che compila diligentemente – nonostante l’età avanzata – la mia anamnesi, lasciandomi poi nelle mani di frau capo sala (almeno credo).
Scopro con mio profondo stupore che il sabato pomeriggio e la domenica non si fa alcuna riabilitazione, cioè un giorno e mezzo su sette, in una clinica vocata esclusivamente alla riabilitazione motoria! Ma non finisce qui: devo rimanere a letto con le sbarre fino a lunedì, fino a quando, cioè, un medico mi potrà visitare ed assegnarmi un percorso riabilitativo.
Ma come, non ci sono neanche i medici, salvo quello anzianotto, di guardia? NO e quelli di guardia notturna sono raggiungibili soltanto per telefono, come scoprirò il giorno dopo nel chiedere un antidolorifico un po’ più forte del paracetamolo, che invece si può distribuire ogni otto ore al bisogno,
Ho capito! Sono capitato nel bel mezzo del racconto di Dino Buzzati “Iil fischio al naso”, dove un imprenditore entra al primo piano di una clinica per un banale fischio al naso, ma poi si aggraverà ogni volta che salirà di piano, fino al settimo ed ultimo che gli sarà fatale.
Dal racconto fu tratto anche un film con un disincantato e surreale Ugo Tognazzi.
Cerco di spiegare alla Frau che rimanendo in un letto di “contenzione” (ma non erano stati rottamati con la legge Basaglia?) per due giorni regredirò sia sulla fisioterapia già fatta sia sulle più banali funzioni corporali.
“ Questa è la prassi “ mi viene risposto. Memore del mestiere di sindacalista, inizio ad interloquire affermando che “prassi” è burocratese. Accetterei più volentieri “protocollo medico” che se stilato da medici – sia pure più severo causa Covid – è da rispettare. Ma, ahimè, il confine con il “regolamento” è labile ed un regolamento è stilato da rispettabili amministrativi che, però, per evitare problemi fanno funzionare le sinapsi come un criceto.
Finalmente 48 ore dopo il ricovero arriva forse il primario prof. Loy, molto silenzioso. C’è anche il fisiatra dr. De Vulpis che mi rimprovera di aver detto che non c’è fisioterapia il sabato e la domenica nella struttura. Ma è la verità! Lo dicono loro. Poi vengo ammesso ai raggi X per il ginocchio, per controllare che la “merce” proveniente da altra casa di cura non sia avariata (alla faccia della fiducia fra medici). Riesco lunedì mattina anche ad iniziare la fisioterapia: massaggio passivo, anche meccanico, ma senza deambulatore che nella precedente struttura avevo usato quasi subito.
Sempre confinato a letto passo la giornata ed arriva in stanza un altro degente, sicuramente con patologie più serie della mia. Rispetto l’attenzione che al degente viene riservata e cerco di evitare problemi, cavandomela per quanto possibile da solo.
Fisioterapia il secondo giorno: una buona notizia, abbiamo il deambulatore sul quale vengo accompagnato, ma lo strumento salvifico, dopo 15 metri di passeggio nella stanza (non si può uscire in corridoio causa Covid, d’accordo) mi viene sottratto. “ Che vòi fa, ce n’avemo pochissimi pe’ decine di persone”. Così mi dice il fisioterapista che mi invita a fare da solo alcuni esercizi suggeriti.
Il racconto finisce qui, perché decido di chiedere la base di uscita dopo due giorni. Farò tutto a casa, nel mio ambiente, con fisioterapista e al bisogno infermiere a mio carico. Dopo tre giorni cammino da far invidia a Usain Bolt.
Non è difficile capire perché ti vogliono tenere 25/30 giorni, perché la struttura riceve dalla Regione 350 euro al giorno e perché chi manda avanti la baracca è la buona volontà ed il senso di responsabilità di paramedici ed ausiliari giovani, sotto ricatto per contratti a termine e quant’altro. Infatti mi ricorderò di Mirella, di Afra , er casetta ed altre persone responsabili e con parole di umanità nei confronti, per esempio, del mio compagno di stanza. Infatti i medici sembravano sull’orlo di una crisi di nervi perché l’ammalato non aveva bisogno soltanto di riabilitazione motoria, ma aveva anche altre patologie , e ciò li rendeva non proprio disponibili o come si dice a Roma, “dottori spiccialetti”.
Caro Ugo Tognazzi ti ho fregato, sono riuscito ad evadere prima dell’ultimo piano a te fatale. Mi sono impersonato in Steve Mc Queen in Papillon che, quando si getta nella zattera da lui costruita con noci di cocco, grida ai guardiani dell’isola: “sono ancora vivo!” Si salvò, e certamente io non sono stato divorato dagli squali della baia di Alcatraz ed ora sono atterrato a casa.
Vorrei terminare con alcune considerazioni politiche. All’Assessore alla Sanita della Regione Lazio D’Amato, chiedo se è possibile migliorare con 350 euro giornalieri i servizi delle cliniche riabilitative. Oppure basta una organizzazione più efficiente, con regole certe e alle volte un poco flessibili?
Certamente non si può sperare solo nel senso di responsabilità ed umanità di alcuni perché, dove il padrone è lo Stato, tutti si ritengono padroni e si sentono in dovere di “stalkerare” i sottoposti per un briciolo di effimero potere.
Tutto ciò non si insegna nei corsi di formazione, ma con un cambio di cultura fin dai massimi vertici politici ed aziendali. Non è facile ma non si possono tollerare oltre gli atteggiamenti di personaggi frustrati nel lavoro professionale, anche senza loro colpe.
Se la Pandemia ci ha insegnato qualcosa è che a questo Paese non servono eroi ed eroine che si abbattono sfiancati sui computer dopo 18 ore di lavoro. Ci servono persone normali!! Sventurato quel paese che ha bisogno di eroi, diceva un secolo fa Bertold Brecht: invece l’italianissimo Ennio Flaiano diceva più di 50 anni orsono che la situazione politica ed in generale del Paese è grave, ma non è seria. Oppure sono entrambi?
P.S. Nomi e luoghi sono inventati, le situazioni purtroppo no! Ed altre ce ne sarebbero.